Charles Baudelaire

poeta, scrittore, critico letterario, critico d'arte, giornalista e traduttore francese

«Gli uomini che meglio riescono a stare con le donne sono gli stessi che sanno starci benissimo senza.»

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«Il progresso, la più ingegnosa e più crudele tortura dell'umanità.»

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«Ho bisogno di vendetta come un uomo affaticato ha bisogno di un bagno.»

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«Ci sono tanti tipi di bellezza quanti sono i modi abituali di cercare la felicità.»

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«Dio è uno scandalo - uno scandalo che frutta.»

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«Dio è l'unico essere che, per regnare, non ha nemmeno bisogno di esistere.»

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«Bisogna lavorare, se non per gusto, almeno per disperazione. Infatti, tutto ben considerato, lavorare è meno noioso che divertirsi.»

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«Tu mi ridai l'azzurro dei grandi firmamenti!»

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«Non sai? Più che alla Vita, alla Morte legati siamo invisibilmente.»

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«Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre "Andiamo", e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.»

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«La grande poesia è essenzialmente "bête": crede, e in questo è la sua gloria e la sua forza.»

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«La donna è piuttosto una divinità, un astro, una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola.»

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«O promesse, o profumi, o baci senza fine, riemergerete mai dai vostri avari abissi, come dal mare giovani e stillanti, al confine celeste i soli tornano dopo la lunga eclissi? O promesse, o profumi, o baci senza fine!»

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«Scopriamo un fascino nelle cose ripugnanti, ogni giorno d'un passo, nel fetore delle tenebre, scendiamo verso l'inferno, senza orrore.»

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«Dolore del mio dolore! La vita se la mangia il tempio e l'oscuro nemico che ci rode il cuore e si rafforza col sangue che perdiamo.»

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«Dobbiamo partire? Rimanere? | Rimani se puoi; parti se occorre.»

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«L'amore è molto simile ad una tortura o ad un'operazione chirurgica. Anche se i due amanti sono molto innamorati e colmi di reciproci desideri, uno dei due sarà sempre più calmo o meno invasato dell'altro. Quello, o quella, è l'operatore, ovvero il carnefice; l'altro, o l'altra, l'assoggettato, la vittima.»

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«Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato; | trattieni le unghie della zampa, | e lasciami sprofondare nei tuoi begli occhi striati | di metallo e d'agata. | Quando le dita indugiano ad accarezzare | la tua testa e il dorso elastico | e la mano s'inebria del piacere di palpare... »

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«Nei suoi sogni la luna è più pigra, stasera: | come una bella donna su guanciali profondi, | che carezzi con mano disattenta e leggera | prima d'addormentarsi i suoi seni rotondi, | | lei su un serico dorso di molli aeree nevi | moribonda s'estenua in perduti languori... »

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«Ricordi tu l'oggetto, anima mia, che vedemmo quel mattino d'estate così dolce? Alla svolta d'un sentiero un'infame carogna sopra un letto di sassi, | le gambe all'aria, come una femmina impudica, bruciando e sudando i suoi veleni, spalancava, con noncuranza e cinismo, il suo ventre pieno d'esalazioni. | Il sole dardeggiava su quel marciume come volendolo cuocere interamente, rendendo centuplicato... »

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