Ugo Foscolo

poeta, scrittore e traduttore italiano

Niccolò Ugo Foscolo è stato un poeta e scrittore italiano. Nato a Zante riconobbe in Venezia la vera patria, soprattutto per la vita intellettuale e il fervore politico che animavano la Serenissima.
 
 
La noja proviene o da debolissima coscienza dell'esistenza nostra, per cui non ci sentiamo capaci di agire, o da coscienza eccessiva, per cui vediamo di non poter agire quanto vorremmo.
 
 
Anticonvenzionale e rivoluzionario rese le sue opere la bandiera del suo pensiero. Sostenitore delle idee rivoluzionarie nate in Francia, Foscolo divenne sospetto al governo della Repubblica e, nel 1796, dovette rifugiarsi sui colli Euganei.
 
 
Ma gli onori e la tranquillità del mio secolo guasto meritano forse di essere acquistati col sacrificio dell'anima? Forse più che l'amore della virtù, il timore della bassezza m'ha rattenuto alle volte da quelle colpe, che sono rispettate ne' potenti, tollerate ne' più ma che, per non lasciare senza vittime il simulacro della giustizia, sono punite nei miseri.
 
 
Foscolo si recò poi a Bologna, dove si arruolò tra i "cacciatori italiani" della Repubblica Cispadana. Dopo aver inizialmente sostenuto Bonaparte se ne distaccò dopo la cessione della sua Venezia all’Austria. Foscolo si trasferì per questo a Milano e in altre città italiane e straniere. Tra le sue opere più famose ricordiamo Dei Sepolcri, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, e Le Grazie.
 
 
Breve è la vita, e lunga è l'arte.
data: 10/25/14 autore:

«Colui che ama se stesso sopra ogni cosa non passa per la porta del regno dei cieli, allo stesso modo in cui il dito della sposa, se è ripiegato su se stesso, non entra nell'anello offerto dallo sposo.»

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«Il coraggio non deve dare diritti per soperchiare il debole.»

tag: coraggio
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«La fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia due quarti alla sorte, e l'altro quarto, ai loro delitti.»

tag: fama
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«La noia proviene o da debolissima coscienza dell'esistenza nostra, per cui non ci sentiamo capaci di agire o da coscienza eccessiva, per cui vediamo di non poter agire quanto vorremmo.»

tag: scienza noia
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«L'arte non consiste nel rappresentare cose nuove, ma nel rappresentare con novità.»

tag: vita
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«Le laide e sciocche consuetudini sono la corruzione della nostra vita.»

tag: vita
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«Noi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano alla sicurezza di chi comanda e alla paura di chi serve.»

tag: virtu paura
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«Dell'uom la prima inobbedienza e il frutto | Dell'arbore vietata, onde l'assaggio | Diede noi tutti a morte e all'infinite | Miserie, lungo dal perduto Edenne, | Finchè l'uomo divino alle beate | Perdute sedi redentor ne assunse, | Canta, o Musa celeste! E tu in Orebbo, | E tu del Sinai sul secreto giro | Già spiravi il pastori che...»

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«Il Fratellin vezzoso, | Sempre tu piangi, ei dice; | Tenera età felice | Che non conosco amor! |      Ma ben verran quegli anni, | Che il Fratellin vezzoso | Non troverà riposo | Nel passionato cor. |      Quel roseo volto, i guardi | Sì vivi e sì innocenti | Li mirerò dolenti | In atto di pietà. |      Allor dirò: i miei pianti, | Quand'eri pargoletto, | Eran d'amore effetto, | Effetto di beltà.»

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«Io non invidio ai vati | Le lodi e i sacri allori, | Nè curo i pregi e gli ori | D'un duce o d'un sovran. |      Saran miei dì beati | Se avrò il mio crine cinto | Di serto vario-pinto | Tessuto di tua man. |      Saran miei dì beati | Se in mezzo a bosco ombroso | Il volto tuo vezzoso | Godrommi a contemplar. |      Che bel vederci allora | Mille cambiar sembianti, | E direi: O cori amanti, | Cessate il palpitar!»

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«Scrivo che tu sei bella, | Scrivo che tutto è accolto | Sul grazïoso volto | De' vezzi il roseo stuol. |      Scrivo che i tuoi dolci occhi | Vibran soave foco, | Scrivo.... Ma questo è poco | Per sì gentil beltà. |      Chi mai potria le grazie | Spiegar di quei colori, | Ove si stan gli Amori | Come sul loro altar? |      Dir altro io mai non seppi | So non che tanto sei | Vezzosa agli occhi miei | Ch'altra non sanno amar.»

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«Ardir su l'ali? Accumulare i scempi | Dè tiranni piú rei, | Non re, sapesti; ma percoton gli empi | Non chimerici Dei.»

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«O tu, folle! Sperasti altro compenso | Dall'empietà che teco | Negra impresa di sangue, e volo immenso | Tentò eretta del cieco.»

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«Odi un poeta giovane, | Che il genio che l'ispira | Devoto siegue, e libero | Percote ardita lira, | E cò suoi canti vola | Al suo gentil Bertòla.»

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«Cogliete, o pastorelli, | Cogliete vaghi fiori, | Chè deggio per gli albori | A Fille un serto far. | Farlo vorrei sol io, | Ma nol permetto l'ora, | Chè in Cielo già l'Aurora | Comincia rosseggiar. | E le dirò che il serto | Tessuto è di mia mano. | Ma che? Così profano | Il labbro mio sarà? | Mai menzogner non fui, | E s'anche il fossi, ah! Fille | Fra mille fiori e mille | i miei distinguerà.»

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«Febbre le vene accende, | O Cloe, del tuo poeta, | E tu frattanto lieta | Passi cantando i dì. |      Serbi così l'affetto | Che tu giurasti a lui, | I fidi merti sui | Compensi, o Cloe, così? |      Misero giovanetto, | Che ad un'ingrata credi, | Cessa d'amar; non vedi | Ch'ella t'inganna ognor? |      Cruda!... Ma dir vorresti: | Nol seppi, il giuro ai Dei: | Taci, spergiura sei, | Chè te lo disse Amor.»

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«Pomo ch'io colsi, e Cloe, | Da un arbuscel gentile, | Che a quei dei verde aprile | Non può invidiare i fior, | Pomo ch'effigia e mostra | Del volto tuo la rosa, | Ti dona, o Cloe vezzosa, | Con la mia mano il cor. | Mel chiese or or con Clori | La bruna Nice e Irene; | Ma il pomo sol conviene, | Mia bionda amica, a te. | Così fra Tirai e Dafni | Da te ottenessi io fede... | Ma tu ti sdegni; ahi chiede | Un cuor quel che ti diè.»

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«Vincesti? E invan; regnasti? E invan, superbo, | Chè con destra di possa | Dè giusti il Dio del tuo comando acerbo | La catena ha già scossa.»

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«Invan gloria sognasti, il grido invano | Tu dè secoli udisti, | Ch'or plausi turpi d'uno stuolo insano | A esecrazion van misti.»

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«Veggio l'empio seder amplo in suo orgoglio | Qual di monte ombra in campo; | Sublime al par di cedro erge suo soglio; | Ma squarcia l'aer un lampo.»

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