Ludovico Ariosto

poeta, commediografo, funzionario e diplomatico italiano

«Veduto avreste i cavallier turbarsi | a quel annunzio, e mesti e sbigottiti, | senza occhi e senza mente nominarsi, | che gli avesse il rival così scherniti; | ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi | con sospir che parean del fuoco usciti, | e giurar per isdegno e per furore, | se giungea Orlando, di cavargli il core»

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«Signor, non voglio che vi paia strano | se Rinaldo or sì tosto il destrier piglia, | che già più giorni ha seguitato invano, | né gli ha possuto mai toccar la briglia. | Fece il destrier, ch'avea intelletto umano, | non per vizio seguirsi tante miglia, | ma per guidar dove la donna giva, | il suo signor, da chi bramar l'udiva.»

VOTI: 1

«Quando ella si fuggì dal padiglione, | la vide ed appostolla il buon destriero, | che si trovava aver voto l'arcione, | però che n'era sceso il cavalliero | per combatter di par con un barone, | che men di lui non era in arme fiero; | poi ne seguitò l'orme di lontano, | bramoso porla al suo signore in mano.»

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«Bramoso di ritrarlo ove fosse ella, | per la gran selva inanzi se gli messe; | né lo volea lasciar montare in sella, | perché ad altro camin non lo volgesse. | Per lui trovò Rinaldo la donzella | una e due volte, e mai non gli successe; | che fu da Ferraù prima impedito, | poi dal Circasso, come avete udito.»

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«Ora al demonio che mostrò a Rinaldo | de la donzella li falsi vestigi, | credette Baiardo anco, e stette saldo | e mansueto ai soliti servigi. | Rinaldo il caccia, d'ira e d'amor caldo, | a tutta briglia, e sempre invêr Parigi; | e vola tanto col disio, che lento, | non ch'un destrier, ma gli parrebbe il vento.»

VOTI: 1

«La notte a pena di seguir rimane, | per affrontarsi col signor d'Anglante: | tanto ha creduto alle parole vane | del messagger del cauto negromante. | Non cessa cavalcar sera e dimane, | che si vede apparir la terra avante, | dove re Carlo, rotto e mal condutto, | con le reliquie sue s'era ridutto:»

VOTI: 1

«E perché dal re d'Africa battaglia | ed assedio s'aspetta, usa gran cura | a raccor buona gente e vettovaglia, | far cavamenti e riparar le mura. | Ciò ch'a difesa spera che gli vaglia, | senza gran diferir, tutto procura: | pensa mandare in Inghilterra, e trarne | gente onde possa un novo campo farne:»

VOTI: 1

«Che vuole uscir di nuovo alla campagna, | e ritentar la sorte de la guerra. | Spaccia Rinaldo subito in Bretagna, | Bretagna che fu poi detta Inghilterra. | Ben de l'andata il paladin si lagna: | non ch'abbia così in odio quella terra; | ma perché Carlo il manda allora allora, | né pur lo lascia un giorno far dimora.»

VOTI: 1

«Io parlo di quella inclita donzella, | per cui re Sacripante in terra giacque, | che di questo signor degna sorella, | del duca Amone e di Beatrice nacque. | La gran possanza e il molto ardir di quella | non meno a Carlo e a tutta Francia piacque | (che più d'un paragon ne vide saldo), | che 'l lodato valor del buon Rinaldo.»

VOTI: 1

«La fonte discorrea per mezzo un prato, | d'arbori antiqui e di bell'ombre adorno, | Ch'i viandanti col mormorio grato | a ber invita e a far seco soggiorno: | un culto monticel dal manco lato | le difende il calor del mezzo giorno. | Quivi, come i begli occhi prima torse, | d'un cavallier la giovane s'accorse;»

VOTI: 1

«D'un cavallier, ch'all'ombra d'un boschetto, | nel margin verde e bianco e rosso e giallo | sedea pensoso, tacito e soletto | sopra quel chiaro e liquido cristallo. | Lo scudo non lontan pende e l'elmetto | dal faggio, ove legato era il cavallo; | ed avea gli occhi molli e 'l viso basso, | e si mostrava addolorato e lasso.»

VOTI: 1

«Questo disir, ch'a tutti sta nel core, | de' fatti altrui sempre cercar novella, | fece a quel cavallier del suo dolore | la cagion domandar da la donzella. | Egli l'aperse e tutta mostrò fuore, | dal cortese parlar mosso di quella, | e dal sembiante altier, ch'al primo sguardo | gli sembrò di guerrier molto gagliardo.»

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«E cominciò: - Signor, io conducea | pedoni e cavallieri, e venìa in campo | là dove Carlo Marsilio attendea, | perch'al scender del monte avesse inciampo; | e una giovane bella meco avea, | del cui fervido amor nel petto avampo: | e ritrovai presso a Rodonna armato | un che frenava un gran destriero alato.»

VOTI: 1

«Oh gran bontà de' cavallieri antiqui! | Eran rivali, eran di fé diversi, | e si sentian degli aspri colpi iniqui | per tutta la persona anco dolersi; | e pur per selve oscure e calli obliqui | insieme van senza sospetto aversi. | Da quattro sproni il destrier punto arriva | ove una strada in due si dipartiva.»

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«Pensoso più d'un'ora a capo basso | stette, Signore, il cavallier dolente; | poi cominciò con suono afflitto e lasso | a lamentarsi sì soavemente, | ch'avrebbe di pietà spezzato un sasso, | una tigre crudel fatta clemente. | Sospirante piangea, tal ch'un ruscello | parean le guance, e 'l petto un Mongibello.»

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«All'apparir che fece all'improvviso | de l'acqua l'ombra, ogni pelo arricciossi, | e scolorossi al Saracino il viso; | la voce, ch'era per uscir, fermossi. | Udendo poi da l'Argalia, ch'ucciso | quivi avea già (che l'Argalia nomossi) | la rotta fede così improverarse, | di scorno e d'ira dentro e di fuor arse.»

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«Ma se desir pur hai d'un elmo fino, | trovane un altro, ed abbil con più onore; | un tal ne porta Orlando paladino, | un tal Rinaldo, e forse anco migliore: | l'un fu d'Almonte, e l'altro di Mambrino: | acquista un di quei dui col tuo valore; | e questo, ch'hai già di lasciarmi detto, | farai bene a lasciarmi con effetto. -»

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«Pensier (dicea) che 'l cor m'agghiacci ed ardi, | e causi il duol che sempre il rode e lima, | che debbo far, poi ch'io son giunto tardi, | e ch'altri a corre il frutto è andato prima? | a pena avuto io n'ho parole e sguardi, | ed altri n'ha tutta la spoglia opima. | Se non ne tocca a me frutto né fiore, | perché affligger per lei mi vuo' più il core?»

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«La verginella è simile alla rosa, | ch'in bel giardin su la nativa spina | mentre sola e sicura si riposa, | né gregge né pastor se le avvicina; | l'aura soave e l'alba rugiadosa, | l'acqua, la terra al suo favor s'inchina: | gioveni vaghi e donne inamorate | amano averne e seni e tempie ornate.»

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«Sia Vile agli altri, e da quel solo amata | a cui di sé fece sì larga copia. | Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata! | trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia. | Dunque esser può che non mi sia più grata? | dunque io posso lasciar mia vita propia? | Ah più tosto oggi manchino i dì miei, | ch'io viva più, s'amar non debbo lei! -»

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