Ludovico Ariosto

poeta, commediografo, funzionario e diplomatico italiano

«Così il rapace nibio furar suole | il misero pulcin presso alla chioccia, | che di sua inavvertenza poi si duole, | e invan gli grida, e invan dietro gli croccia. | Io non posso seguir un uom che vole, | chiuso tra' monti, a piè d'un'erta roccia: | stanco ho il destrier, che muta a pena i passi | ne l'aspre vie de' faticosi sassi.»

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«Ma, come quel che men curato avrei | vedermi trar di mezzo il petto il core, | lasciai lor via seguir quegli altri miei, | senza mia guida e senza alcun rettore: | per li scoscesi poggi e manco rei | presi la via che mi mostrava Amore, | e dove mi parea che quel rapace | portassi il mio conforto e la mia pace.»

VOTI: 1

«Sei giorni me n'andai matina e sera | per balze e per pendici orride e strane, | dove non via, dove sentier non era, | dove né segno di vestigie umane; | poi giunsi in una valle inculta e fiera, | di ripe cinta e spaventose tane, | che nel mezzo s'un sasso avea un castello | forte e ben posto, a maraviglia bello.»

VOTI: 1

«Da lungi par che come fiamma lustri, | né sia di terra cotta, né di marmi. | Come più m'avicino ai muri illustri, | l'opra più bella e più mirabil parmi. | E seppi poi, come i demoni industri, | da suffumigi tratti e sacri carmi, | tutto d'acciaio avean cinto il bel loco, | temprato all'onda ed allo stigio foco.»

VOTI: 1

«Di sì forbito acciar luce ogni torre, | che non vi può né ruggine né macchia. | Tutto il paese giorno e notte scorre, | E poi là dentro il rio ladron s'immacchia. | Cosa non ha ripar che voglia torre: | sol dietro invan se li bestemia e gracchia. | Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene, | che di mai ricovrar lascio ogni spene.»

VOTI: 1

«Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca, | l'uno e l' altro volea combatter prima; | pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca, | o pur che non ne fe' Ruggier più stima. | Quel Serican si pone il corno a bocca: | rimbomba il sasso e la fortezza in cima. | Ecco apparire il cavalliero armato | fuor de la porta, e sul cavallo alato.»

VOTI: 1

«Sopra Gradasso il mago l'asta roppe; | ferì Gradasso il vento e l'aria vana: | per questo il volator non interroppe | il batter l'ale, e quindi s'allontana. | Il grave scontro fa chinar le groppe | sul verde prato alla gagliarda alfana. | Gradasso avea una alfana, la più bella | e la miglior che mai portasse sella.»

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«Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo | la battaglia durò sino a quella ora, | che spiegando pel mondo oscuro velo, | tutte le belle cose discolora. | Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo: | io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora | di dirlo altrui; che questa maraviglia | al falso più ch'al ver si rassimiglia.»

VOTI: 1

«Splende lo scudo a guisa di piropo, | e luce altra non è tanto lucente. | Cadere in terra allo splendor fu d'uopo | con gli occhi abbacinati, e senza mente. | Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo | gran spazio mi riebbi finalmente; | né più i guerrier né più vidi quel nano, | ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.»

VOTI: 1

«Ritornò il cavallier nel primo duolo, | fatta che n'ebbe la cagion palese. | Questo era il conte Pinabel, figliuolo | d'Anselmo d'Altaripa, maganzese; | che tra sua gente scelerata, solo | leale esser non volse né cortese, | ma ne li vizi abominandi e brutti | non pur gli altri adeguò, ma passò tutti.»

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«La bella donna con diverso aspetto | stette ascoltando il Maganzese cheta; | che come prima di Ruggier fu detto, | nel viso si mostrò più che mai lieta: | ma quando sentì poi ch'era in distretto, | turbossi tutta d'amorosa pieta; | né per una o due volte contentosse | che ritornato a replicar le fosse.»

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«Rispose il cavallier: - Tu vòi ch'io passi | di nuovo i monti, e mostriti la via? | A me molto non è perdere i passi, | perduta avendo ogni altra cosa mia; | ma tu per balze e ruinosi sassi | cerchi entrar in pregione; e così sia. | Non hai di che dolerti di me, poi | ch'io tel predico, e tu pur gir vi vòi. -»

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«»

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«Questa cittade, e intorno a molte miglia | ciò che fra Varo e Rodano al mar siede, | avea l'imperator dato alla figlia | del duca Amon, in ch'avea speme e fede; | però che 'l suo valor con maraviglia | riguardar suol, quando armeggiar la vede. | Or, com'io dico, a domandar aiuto | quel messo da Marsilia era venuto.»

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«Come si vide il Maganzese al bosco, | pensò tôrsi la donna da le spalle. | Disse: - Prima che 'l ciel torni più fosco, | verso un albergo è meglio farsi il calle. | Oltra quel monte, s'io lo riconosco, | siede un ricco castel giù ne la valle. | Tu qui m'aspetta; che dal nudo scoglio | certificar con gli occhi me ne voglio. -»

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«Dagli anni e dal digiuno attenuato, | sopra un lento asinel se ne veniva; | e parea, più ch'alcun fosse mai stato, | di coscienza scrupolosa e schiva. | Come egli vide il viso delicato | de la donzella che sopra gli arriva, | debil quantunque e mal gagliarda fosse, | tutta per carità se gli commosse.»

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«La donna al fraticel chiede la via | che la conduca ad un porto di mare, | perché levar di Francia si vorria, | per non udir Rinaldo nominare. | Il frate, che sapea negromanzia, | non cessa la donzella confortare | che presto la trarrà d'ogni periglio; | ed ad una sua tasca diè di piglio.»

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«Trassene un libro, e mostrò grande effetto; | che legger non finì la prima faccia, | ch'uscir fa un spirto in forma di valletto, | e gli commanda quanto vuol ch'el faccia. | Quel se ne va, da la scrittura astretto, | dove i dui cavallieri a faccia a faccia | eran nel bosco, e non stavano al rezzo; | fra' quali entrò con grande audacia in mezzo.»

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«- Per cortesia (disse), un di voi mi mostre, | quando anco uccida l'altro, che gli vaglia: | che merto avrete alle fatiche vostre, | finita che tra voi sia la battaglia, | se 'l conte Orlando, senza liti o giostre, | e senza pur aver rotta una maglia, | verso Parigi mena la donzella | che v'ha condotti a questa pugna fella?»

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«Vicino un miglio ho ritrovato Orlando | che ne va con Angelica a Parigi, | di voi ridendo insieme, e motteggiando | che senza frutto alcun siate in litigi. | Il meglio forse vi sarebbe, or quando | non son più lungi, a seguir lor vestigi; | che s'in Parigi Orlando la può avere, | non ve la lascia mai più rivedere. -»

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