Ludovico Ariosto

poeta, commediografo, funzionario e diplomatico italiano

«Quanto potea più forte, ne veniva | gridando la donzella ispaventata. | A quella voce salta in su la riva | il Saracino, e nel viso la guata; | e la conosce subito ch'arriva, | ben che di timor pallida e turbata, | e sien più dì che non n'udì novella, | che senza dubbio ell'è Angelica bella.»

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«Su la riviera Ferraù trovosse | di sudor pieno e tutto polveroso. | Da la battaglia dianzi lo rimosse | un gran disio di bere e di riposo; | e poi, mal grado suo, quivi fermosse, | perché, de l'acqua ingordo e frettoloso, | l'elmo nel fiume si lasciò cadere, | né l'avea potuto anco riavere.»

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«Né tempo avendo a pensar altra scusa, | e conoscendo ben che 'l ver gli disse, | restò senza risposta a bocca chiusa; | ma la vergogna il cor sì gli trafisse, | che giurò per la vita di Lanfusa | non voler mai ch'altro elmo lo coprisse, | se non quel buono che già in Aspramonte | trasse dal capo Orlando al fiero Almonte.»

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«Ricordati, pagan, quando uccidesti | d'Angelica il fratel (che son quell'io), | dietro all'altr'arme tu mi promettesti | gittar fra pochi dì l'elmo nel rio. | Or se Fortuna (quel che non volesti | far tu) pone ad effetto il voler mio, | non ti turbare; e se turbar ti déi, | turbati che di fé mancato sei.»

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«E servò meglio questo giuramento, | che non avea quell'altro fatto prima. | Quindi si parte tanto malcontento, | che molti giorni poi si rode e lima. | Sol di cercare è il paladino intento | di qua di là, dove trovarlo stima. | Altra ventura al buon Rinaldo accade, | che da costui tenea diverse strade.»

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«Qual pargoletta o damma o capriuola, | che tra le fronde del natio boschetto | alla madre veduta abbia la gola | stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto, | di selva in selva dal crudel s'invola, | e di paura trema e di sospetto: | ad ogni sterpo che passando tocca, | esser si crede all'empia fera in bocca.»

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«Ma non sì tosto dal materno stelo | rimossa viene e dal suo ceppo verde, | che quanto avea dagli uomini e dal cielo | favor, grazia e bellezza, tutto perde. | La vergine che 'l fior, di che più zelo | che dè begli occhi e de la vita aver dè, | lascia altrui corre, il pregio ch'avea inanti | perde nel cor di tutti gli altri amanti.»

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«Se gli è amico o nemico non comprende: | tema e speranza il dubbio cor le scuote; | e di quella aventura il fine attende, | né pur d'un sol sospir l'aria percuote. | Il cavalliero in riva al fiume scende | sopra l'un braccio a riposar le gote; | e in un suo gran pensier tanto penètra, | che par cangiato in insensibil pietra.»

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«Ah lasso! Che poss'io più che mirare | la rocca lungi, ove il mio ben m'è chiuso? | Come la volpe, che 'l figlio gridare | nel nido oda de l'aquila di giuso, | s'aggira intorno, e non sa che si fare, | poi che l'ali non ha da gir là suso. | Erto è quel sasso sì, tale è il castello, | che non vi può salir chi non è augello.»

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«Poi che s'affaticar gran pezzo invano | i dui guerrier per por l'un l'altro sotto, | quando non meno era con l'arme in mano | questo di quel, né quel di questo dotto; | fu primiero il signor di Montalbano, | ch'al cavallier di Spagna fece motto, | sì come quel ch'ha nel cuor tanto fuoco, | che tutto n'arde e non ritrova loco.»

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«E come quei che non sapean se l'una | o l'altra via facesse la donzella | (però che senza differenza alcuna | apparia in amendue l'orma novella), | si messero ad arbitrio di fortuna, | Rinaldo a questa, il Saracino a quella. | Pel bosco Ferraù molto s'avvolse, | e ritrovossi al fine onde si tolse.»

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«Non molto va Rinaldo, che si vede | saltare inanzi il suo destrier feroce: | - Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! | Che l'esser senza te troppo mi nuoce. - | Per questo il destrier sordo, a lui non riede | anzi più se ne va sempre veloce. | Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: | ma seguitiamo Angelica che fugge.»

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«Ecco non lungi un bel cespuglio vede | di prun fioriti e di vermiglie rose, | che de le liquide onde al specchio siede, | chiuso dal sol fra l'alte querce ombrose; | così voto nel mezzo, che concede | fresca stanza fra l'ombre più nascose: | e la foglia coi rami in modo è mista, | che 'l sol non v'entra, non che minor vista.»

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«Quel dì e la notte a mezzo l'altro giorno | s'andò aggirando, e non sapeva dove. | Trovossi al fin in un boschetto adorno, | che lievemente la fresca aura muove. | Duo chiari rivi, mormorando intorno, | sempre l'erbe vi fan tenere e nuove; | e rendea ad ascoltar dolce concento, | rotto tra picciol sassi, il correr lento.»

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«Ella gli rende conto pienamente | dal giorno che mandato fu da lei | a domandar soccorso in Oriente | al re dè Sericani e Nabatei; | e come Orlando la guardò sovente | da morte, da disnor, da casi rei: | e che 'l fior virginal così avea salvo, | come se lo portò del materno alvo.»

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«- Deh! (diss'ella) signor, non vi rincresca! | Che del cader non è la colpa vostra, | ma del cavallo, a cui riposo ed esca | meglio si convenia che nuova giostra. | Né perciò quel guerrier sua gloria accresca | che d'esser stato il perditor dimostra: | così, per quel ch'io me ne sappia, stimo, | quando a lasciare il campo è stato primo. -.»

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«A Bradamante il messagger novella | di Mompolier e di Narbona porta, | ch'alzato gli stendardi di Castella | avean, con tutto il lito d'Acquamorta; | e che Marsilia, non v'essendo quella | che la dovea guardar, mal si conforta, | e consiglio e soccorso le domanda | per questo messo, e se le raccomanda.»

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«E come mi fu tolta lor narrai, | con lacrime affermando il dolor mio. | Quei, lor mercé, mi proferiro assai, | e giù calaro il poggio alpestre e rio. | Di lontan la battaglia io riguardai, | pregando per la lor vittoria Dio. | Era sotto il castel tanto di piano, | quanto in due volte si può trar con mano.»

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«Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella, | quando esso a lei brutto e spiacevol pare: | quando le parea bello e l'amava ella, | egli odiò lei quanto si può più odiare. | Ora s'affligge indarno e si flagella; | così renduto ben gli è pare a pare: | ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte, | che piu tosto che lui vorria la morte.»

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«E fece iscusa tal, che quel messaggio | parve contento rimanere e cheto. | Indi girò la briglia al suo viaggio, | con Pinabel che non ne parve lieto; | che seppe esser costei di quel lignaggio | che tanto ha in odio in publico e in secreto: | e già s'avisa le future angosce, | se lui per maganzese ella conosce.»

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