Emily Dickinson

poetessa statunitense

«Portare la nostra parte di notte, | la nostra parte di mattino. | Di immensa gioia riempire il nostro spazio, | il nostro spazio riempire di disprezzo. | | Qui una stella, là un'altra stella. | Qualcuno smarrisce la via! | Qui una nebbia, là un'altra nebbia. | | Poi, il giorno!»

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«Vi son cose che volano | Uccelli, ore, calabroni: | Non è per queste l'elegia. | | Vi son cose che restano - | Il dolore ed i monti e l'eterno. | Nemmeno queste a me si addicono. | | Altre sostano e sorgono. | Posso spiegare i cieli? | Com'è immoto l'enigma!»

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«Per fare un prato occorrono un trifoglio ed un'ape, - | Un trifoglio ed un'ape | E il sogno. | Il sogno può bastare | Se le api sono poche.»

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«Nuovi piedi percorrono il giardino, | nuove dita smuovono la zolla - | un trovatore sopra l'olmo | tradisce la solitudine. | | Nuovi bambini giocano sul prato | nuovi stanchi dormono di sotto - | torna ancora la pensosa primavera | e torna ancora la neve - puntuale.»

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«Se più non fossi viva | Quando verranno i pettirossi, | Date a quello con la cravatta rossa | Per ricordo una briciola. | | Se non potessi ringraziarvi | Perchè immersa nbel sonno, | Sappiate che mi sforzo | Con le mie labbra di granito!»

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«Buongiorno, mezzanotte. | Torno a casa. | Il giorno si è stancato di me: | come potevo io - di lui? | Era bella la luce del sole. | Stavo bene sotto i suoi raggi. | Ma il mattino non mi ha voluta più, | e così, buonanotte, giorno! | | Posso guardare, vero, | l'oriente che si tinge di rosso? | Le colline hanno dei modi allora | che dilatano il cuore. | | Tu non sei così bella, mezzanotte. | Io ho scelto il giorno. | Ma, ti prego, prendi una bambina | che lui ha mandato via.»

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«E se dicessi che non aspetterò! | E se forzassi il cancello di carne | e passandolo corressi verso di te! | E se limassi questo corpo mortale, | vedessi dove duole - è sufficiente - | e camminassi nella Libertà! | Non potranno più prendermi, mai più! | Chiamino pure le prigioni e implorino i fucili, insensati ormai per me, | come il riso di appena un'ora fa, | o i pizzi, o il circo, | o chi è morto ieri.»

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«Molta follia è divino buon senso | per chi sa vedere. | Molto buon senso, completa la follia. | Ma è la maggioranza che prevale, | in questo come in tutto il resto. | Acconsenti? Sei sano di mente. | Obietti? Se pericoloso, e certo | si farà bene a incatenarti subito.»

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«Le cortesie più piccole | - un fiore o un libro - | piantano sorrisi come semi | che germogliano nel buio.»

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«Rifletto: il mondo è breve | e l'angoscia - assoluta - | molti soffrono. | E con questo? | | Rifletto: potremmo morire - | la vitalità più intensa | non può impedire il decadimento. | E con questo? | | Rifletto: un giorno in cielo | in qualche modo sarà tutto uguale - | qualche nuova equazione sarà data. | E con questo?»

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«Confusa solo per un giorno o due | imbarazzata - ma non spaventata - | camminando nel mio giardino, incontro | una ragazza del tutto inaspettata. | | Fa un cenno, ed appaiono foreste - | ogni cosa comincia ad un suo invito. | In un tale paese certamente | io non sono mai stata.»

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«Quando sento la parola "fuga" | il mio sangue scorre più veloce, | sorge in me improvvisa la speranza | e son pronta a volare. | Quando sento dire di prigioni | distrutte da soldati, | come un bambino scuoto le mie sbarre | invano, ancora invano.»

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«La fama è un'ape. | Ha un canto | e un pungiglione | Ah, ma anche le ali.»

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«Lento discendi, o Paradiso! | Labbra a te non avvezze | Timidamente delibano i tuoi gelsomini, | Come l'ape stremata | Che giunge tardi al fiore, | Ronza intorno alla sua stanza, | Conta il nettare, | Entra, e si perde tra i profumi.»

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«Mio - per diritto della bianca elezione! | Mio - per sigillo regale! | Mio - per segno della bianca prigione | che sbarre non possono celare! | Mio - qui - nella visione e nel divieto! | Mio - per l'abrograzione della tomba | Sottoscritta-confermata - | delirante contratto! | Mio - mantre gli anni fuggono!»

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«Mi incanta il mormorio di un'ape - | qualcuno mi chiede perchè - | più facile è morire che rispondere. | Il rosso sopra il colle annulla la mia volontà - | se qualcuno sogghigna stia attento | - perchè Dio è qui - questo è tutto. | La luce del mattino mi eleva di grado - | se qualcuno mi chiede come - | risponda l'artista che mi tratteggiò così.»

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«Fa ch'io per te sia l'estate | Quando saran fuggiti i giorni estivi! | La tua musica quando il fanello | Tacerà e il pettirosso! | | A fiorire per te saprò sfuggire alla tomba | Riseminando il mio splendore! | E tu coglimi, anemone, | Tuo fiore per l'eterno!»

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«Che sia l'amore tutto ciò che esiste | È ciò che noi sappiamo dell'amore; | E può bastare che il suo peso sia | Uguale al solco che lascia nel cuore.»

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«Si addicono le perle al suo bel petto | ma io non so pescarle. | Regale è la sua fronte, | ma non ho una corona. | Il suo cuore aspira ad una casa, | ma io - un passerotto - costruisco | il mio perenne nido | tenero di ramoscelli e spago.»

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«Morii per la Bellezza, e non appena | mi ebbero accomodata nella tomba | un uomo morto per la Verità | venne deposto nella stanza attigua. | | Mi chiese piano perchè fossi morta. | "Per la Bellezza", gli risposti pronta, | "Io per la Verità", soggiunse lui. | "Sono una cosa sola, siam fratelli". | | Come parenti incontratisi una notte, | conversammo da una stanza all'altra, | finchè il muschio ci raggiunse le labbra, | ricoprendo per sempre i nostri nomi.»

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